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"Il progetto memoria: un antidoto contro la guerra"

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ESSERE CITTADINI EUROPEI – PERCORSI PER UNA MEMORIA EUROPEA ATTIVA : la vicinanza e il sostegno delle istituzioni del territorio al progetto della Rete Scuole per la memoria, è questo il segnale forte e doveroso arrivato da comune di Cremona e comune di Crema oggi, 3 marzo, in apertura del seminario di formazione per docenti sui campi fascisti nel territorio del regno d'Italia e le stragi naziste di Marzabotto e Monte Sole. Un seminario che prepara gli insegnanti che porteranno i loro studenti nei viaggi della memoria programmati per aprile a Fossoli e Marzabotto. Il sindaco di Crema Stefania Bonaldi ha voluto esprimere tutto il suo sotegno e il plauso a questi percorsi che formano i cittadini europei, soprattutto i giovani cittadini europei perché "se le decisioni spettassero ai giovani - ha sottolineato Bonaldi - oggi non ci sarebbe questa guerra in Europa". Paolo Carletti, presidente del consiglio comunale di Cremona, ha aggiunto: "Formare come fate voi con questi progetti una coscienza europea attiva è il vero e unico antidoto alla guerra, per questo l'amministrazione comunale sarà sempre al vostro fianco: dove si forma una coscienza europea si riempiono le piazze per la pace".

E' il sentimento che unisce anche Ilde Bottoli, direttore scientifico del progetto, la prof.ssa Josita Bassani del Torriani, scuola capofila, e Tiziani Zanisi dell'associazione Nazionale Divisione Acqui.

Si sprecano e sono inevitabili in questi giorni i paralleli tra la guerra attuale e alcune dinamiche delle passate guerre; indubbiamente quello che le scuole della Rete per la memoria seminano con la formazione e i viaggi sui luoghi dello sterminio è necessario per fondare una Resistenza contro ogni guerra e, ancor di più, nel cuore dell'Europa.

Ecco perché è giusto ricordare, come ha spiegato il relatore Costantino Di Sante dell'istituto Storico Provinciale di Ascoli Piceno, che la storia dei campi di detenzione voluti dal regime fascista è lunga, parte dalle disumane condizioni riservate ai prigionieri detenuti in Libia tra il 1930 e il 1933 nel campo di el-Abiar o in Somalia a Danane dopo la conquista dell'Etiopia nel 1935. E' dal 36 che i campi di concentramento si moltiplicano in Italia, in zone isolate e lontane dalle possibili aree calde del conflitto: vengono internati prima i "sudditi nemici pericolosi" (inglesi, francesi, greci..), poi dal '42 le deportazioni di ogni tipo di oppositore, non solo degli ebrei.

Paolo Pezzino, presidente dell' Istituto Nazionale Ferruccio Parri, già professore ordinario di Storia contemporanea presso Università di Pisa, ha invece raccontato le stragi naziste e fasciste in Italia e in particolare la vicenda di Marzabotto e Monte Sole, una delle due destinazioni del viaggio della memoria di quest'anno. "Si tratta indubbiamente della più grave strage in Italia e di una delle più gravi dell'Europa occidentale", ha spiegato Pezzino. L'autore, insieme a Luca Baldissara, dell'importante saggio "Il massacro. Guerra ai civili a Monte Sole", dopo aver descritto le modalità impiegate dalla 16 Panzer Granadier Division, comandata da Walther Reder per compiere gli eccidi in 115 località e analizzato il contesto storico in cui si colloca la strage che si svolse dal 29 settembre al 5  ottobre 1944 a Monte Sole e dopo aver analizzato i documenti militari degli ordini impartiti dai tedeschi, giunge alla conclusione che le operazioni che portarono all'eccidio di 770 vittime civili, tra cui 216 bambini, erano state decise e programmate non per rappresaglia in risposta ad un'azione partigiana della brigata della Stella Rossa che in quel periodo era poco attiva, perché in attesa dell'arrivo degli Alleati ormai molto vicini, (ma che arriveranno solo nella primavera del 1945). La tesi tedesca era stata questa, ma è stata smentita sia dalle modalità di sterminio adottate dai tedeschi, sia dagli ordini di uccisione dei civili e di distruzione dei casolari e dei piccoli villaggi, sostenendo che la colpa dell'eccidio era da attribuire ai partigiani che si facevano scudo dei civili utilizzando le loro case per nascondersi. In realtà, a partire da Kesserling, comandante in capo delle forze di occupazione tedesche,erano stati emanati ordini precisi di fare terra bruciata intorno ai partigiani, procedendo ai rastrellamenti, alle uccisioni di donne, vecchi e bambini e poi all'incendio dei corpi e delle case. La strage fu "un esempio classico di guerra civile: quando si decide di colpire i civili per colpire i partigiani" che gli stessi tedeschi non osano affrontare risalendo la montagna e inoltrandosi nei boschi. Più facile massacrare una popolazione inerme. 

 

 

 

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