4cinf, 4amat e la prof. Giovanna Mosconi reagiscono alle notizie di guerra con azioni concrete di pace
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Vira Dunas, una signora ucraina che vive in Italia da 23 anni, il 9 marzo è stata invitata dalla
prof.Mosconi a parlare in classe di ciò che sta accadendo nel suo Paese.
Come si può immaginare, l’incontro si è svolto in un clima emotivamente molto coinvolgente.
Per prima cosa questa signora, che nel suo Paese faceva l’insegnante di letteratura ucraina,
ci ha letto la poesia di Salvatore Quasimodo “Uomo del mio tempo”, scritta nel 1946 eppure
drammaticamente attuale.
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo….)
Infatti l’autore sostiene che l’uomo in tutti questi anni non hai imparato nulla dalla storia ed è
rimasto sempre con la stessa mentalità.
Perché accade tutto ciò, si domanda la signora Vira?
Per rispondere dobbiamo fare un passo indietro nella storia. L’Ucraina è stata fondata prima del
vicino Stato russo eppure si conosce poco; soltanto nel 1986, in seguito al disastro della centrale
nucleare di Chernobyl, si è parlato diffusamente di questo Stato.
Ci sono vari problemi legati alla vicinanza e alle identità di Russia e Ucraina e in particolare legati
alla predominanza della grande potenza russa.
Per esempio l’obbligo di avere una o più scuole russe in ogni città, il ritenere la lingua ucraina
semplicemente un dialetto e il sancire l’illegalità del culto greco- cattolico – scelto da molti ucraini
– e considerarlo un tradimento di quello ortodosso russo.
Vira ci ha raccontato che i suoi nonni ascoltavano la messa in diretta da Roma, nella paura e
nell’illegalità, visto che non era possibile aderire alla fede cristiana ma solo a quella ortodossa,
rischiando così l’arresto o addirittura la morte.
Negli anni 1932 -1933 poi, in seguito alla carestia, la popolazione venne privata di cibo e questo
viene considerato un vero e proprio genocidio organizzato nei confronti degli ucraini, lasciati
morire di fame. Il capo dell’Unione sovietica, Stalin, obbligò gli ucraini a condividere i loro terreni
con lo Stato e chi si rifiutava veniva mandato in Siberia o ucciso. Venne introdotta una legge sul
passaporto che impediva agli ucraini di scappare, distruggendoli così sia dal punto di vista fisico
che psicologico.
I morti si contavano a milioni: il 40% di questi furono i bambini, arrestati mentre tentavano di
scappare nelle campagne e portati in orfanotrofi dove venivano lasciati morire di fame.
Ciò avveniva nel silenzio generale e la cosa peggiore è che ancora oggi l’Italia, a differenza di altri
paesi dell’Unione Europea, non riconosce queste atrocità come genocidio.
Anche su questo noi giovani dobbiamo prendere posizione, facendo pressione perché il genocidio
venga riconosciuto ma soprattutto perché si evitino gli orrori del passato.
La forza di combattere e la tenacia degli ucraini – popolo mite e laborioso, come ci ha detto Vira –
nasce anche dalla volontà di riscatto di tante sofferenze.
Ma è normale chiedersi se questo debba passare attraverso tanti drammatici eventi.
Nelle parole di Vira c’era emozione, paura, dolore ma anche fiducia e consapevolezza del valore
della sua terra e della sua gente. Non c’era odio, o almeno non l’ha lasciato trapelare; c’era
persino riconoscenza verso di noi che volevamo capire la situazione ed essere solidali col popolo
ucraino.
Per noi è stato un incontro importante che – se possibile - vorremmo estendere a tutta la scuola.
Jacopo Merlo e Gabriele Tedde – IV A mat