1. Descrivi la scena che più ti ha colpito in positivo del film Dante di Pupi Avati
2. Cosa ti è piaciuto e cosa invece non ti ha convinto del Dante ragazzo di questo film
3. Cosa ti ha convinto e cosa invece non ti è piaciuto della rappresentazione di Beatrice in questo film
4. Descrivi (in almeno tre righe) Boccaccio per come è rappresentato in questo film
5. aggiungi qualsiasi tipo di considerazione (argomentata) su questo film
AT 4DINF
La cosa che più mi è piaciuta del Dante ragazzo è la spontaneità con cui il regista lo ha pensato. In tutte le scene in cui appare Dante sembra un ragazzo timido, riservato ed inquieto cosa che probabilmente è vera anche storicamente. La parte che invece meno mi ha convinto del Dante ragazzo sono alcune scene in cui il personaggio sembra essere troppo impostato o addirittura episodi in cui il protagonista è forzato a interpretare determinate emozioni.
Per quanto riguarda Beatrice invece la cosa che più mi è piaciuta è il fatto che la ragazza sia stata rappresentata sìi come una donna angelo, ma non solo quello. Nel film infatti Beatrice è rappresentata anche come una figura sensuale e provocatoria che deve “catturare” il desiderio di Dante. L’aspetto negativo simile a quello di Dante è proprio il fatto che questa sensualità alle volte sia fin troppo spinta.
Boccaccio in questo film è rappresentato come un uomo semplice che ha il solo scopo di portare la borsa con il denaro a Ravenna, dalla figlia di Dante. In realtà però Boccaccio è anche una sorta di guida che ha una forte devozione, quasi una venerazione, nei confronti di quello che lui ritiene essere il suo padre spirituale. Il film è tutto incentrato su due viaggi uno dei quali è proprio quello di questo poeta che ripercorre tutto il percorsoviaggio fatto da Dante dopo il suo esilio. è bello anche notare come in ogni tappa in cui Boccaccio si ferma, il poeta cerchi di trovare le uniche persone o gli ultimi testimoni ancora in vita che hanno conosciuto, o solo visto, Dante.
MB 4DINF
1. Ho apprezzato molto il dialogo finale tra Boccaccio e la figlia di Dante: i due si incontrano una sera e seduti su una panca di pietra, danno sfogo ai loro ricordi dell’illustre poeta che è riuscito nel corso
della sua vita, a scrivere in maniera così sublime il suo amore per una donna. Boccaccio che precedentemente lo aveva definito il padre di tutte le gioie della sua vita, ascolta commosso le parole della figlia
Beatrice. Il melograno nel praticello al centro del convento ha smesso di dare i suoi rossi frutti, racconta la figlia. Anche la natura sembra soffrire per la morte di “colui che conosce il nome di tutte le
stelle”.
5. Il film “Dante” viene definito dallo stesso Pupi Avati un “tableau vivent” della vita del poeta. Una rappresentazione sintetica in contrapposizione alla fiction televisiva, in grado di comunicare la
complessità degli individui della società fiorentina nel 1300, ancora in ripresa dall’epidemia di peste nera, mietitrice della società. Dante oltre ad esserne il protagonista è anche simbolo di creatività,
bellezza e amore che nonostante le difficoltà continuano a manifestarsi in quel secolo. Anche le immagini dedicate ai mosaici trecenteschi suggeriscono il valore eterno dell’arte come fonte di
ispirazione.
NB 4DINF
2) Del Dante ragazzo mi è piaciuta la purezza spirituale, l’amore per la poesia. Egli si affaccia con entusiasmo e leggerezza alla vita proprio come ogni adolescente. Vengono descritti i suoi tormenti amorosi e sogni proibiti, aspetti che non sono generalmente conosciuti. Non mi è piaciuta la lentezza di alcune scene che hanno reso il poeta fiorentino ripetitivo in alcuni atteggiamenti: sempre pensoso, sognante, distaccato dal mondo reale. Questi aspetti caratteristici sono però funzionali per la creazione del personaggio Dante ragazzo.
3) Di Beatrice mi è piaciuta la rappresentazione più umana e meno angelica. Beatrice è consapevole della sua bellezza e il suo sguardo profondo trafigge l’animo del poeta provocandone gioia e turbamento. Il suo personaggio è quindi stato umanizzato rispetto all’eterea figura descritta nei testi letterari pur rimanendo la musa ispiratrice del poeta. Il silenzio di Beatrice è carico di emozioni, quelle stesse che Dante ha saputo rendere universali nei suoi versi. Non ho trovato difetti nella rappresentazione di questo personaggio
DZ 4AINF
Ho trovato Dante, diretto da Pupi Avati, un film impressionante, ma allo stesso tempo molto controverso, essendo per certi aspetti molto crudo e al tempo stesso struggente. È una storia d'amore, ma anche di sfide personali che il protagonista deve affrontare prima di arrivare a un appagamento finale. La scena che mi ha maggiormente colpito positivamente è quella in cui Dante vede Beatrice per la prima volta, a 9 anni, e ne rimane quasi incantato. Già da questo episodio il giovane autore considera la sua amata una sorta di donna angelo, un'incarnazione quasi sovrannaturale di bellezza e di virtù.
Il Dante ragazzo, in questo film, è caratterizzato in un modo abbastanza insolito rispetto a come viene rappresentato abitualmente. Da un lato può sembrare un assetato di libertà, quindi piuttosto estroverso. Allo stesso tempo, però, mostra una sensibilità inaspettata, una delicatezza e una fragilità che non viene in mente subito quando si pensa al personaggio. Ciò che non mi piace troppo è che (con il passare del tempo) vediamo le sue debolezze sottolineate anche troppo, e il film sembra soffermarsi troppo a evidenziare le profonde tristezze che accompagnano Dante.
L'immagine di Beatrice è a dir poco articolata. Fin dalle primissime scene, viene rappresentata come una figura principesca che osserva e custodisce, quasi come un angelo, il giovane Dante. Man mano che la storia si sviluppa, vediamo Beatrice non più come una figura lontana e siderale, ma come una donna instabile, alla ricerca di un equilibrio. La rappresentazione di Beatrice non mi piace particolarmente per come viene affrontato il suo personaggio, che, pur essendo molto interessante, viene sottolineato forse un po' troppo e con un tono a tratti soffuso per le sue fragilità.
Boccaccio, in questo film, è rappresentato come un personaggio di grande saggezza, vicino e comprensivo. Ciò che lo contraddistingue è la sua acuta percezione della vita, della natura umana e dei sentimenti. Ripercorrendo la vita di Dante, Boccaccio diventa una sorta di guida per lo spettatore, offrendo una visione antica di come un uomo deve affrontare le sfide personali, soprattutto quelle relative al cuore.
Personalmente parlando, il film mi è piaciuto, ma nulla di più. Anzi, ho notato alcune incoerenze nella trama e nella costruzione dei personaggi, ad esempio l'enfasi posta sulla sofferenza personale di Dante, che in alcuni momenti rende la visione un po' noiosa. Tuttavia, si tratta di un'opera che riflette con profondità sulla complessità dei sentimenti, quindi valida se si è in cerca di un prodotto dallo sguardo più filosofico e meno di intrattenimento.
RZ 4AINF
1. La scena che più mi ha colpito in positivo del film Dante di Pupi Avati è sicuramente quella dove vediamo Dante che di fatto incontra il suo unico vero amore ovvero Beatrice che di
lì a poco si sarebbe sposata, i due si guardano intensamente recitando “tanto gentile e tanto onesta pare”; questa scena mi è piaciuta particolarmente perché secondo me rispecchia
fedelmente quello che era stato nella realtà l’incontro tra Dante e Beatrice, e rappresenta molto bene i sentimenti provati da entrambi in quel momento.
2. Una cosa che mi è piaciuta del Dante ragazzo di questo film è sicuramente che ci viene mostrato bene si nei suoi pregi ma soprattutto nei suoi difetti, ci viene mostrato un Dante
diverso molto più umano e peccatore, inquieto, insicuro molto vicino a noi. Una cosa che invece non mi è piaciuta è probabilmente il suo amore fin troppo esagerato e
passionale per Beatrice.
ML 4AINF
Il film di Pupi Avati dedicato alla figura di Dante è un’interessante biografia in cui il regista rappresenta i
principali passaggi della vita del poeta attraverso la figura di Boccaccio.
Quest’ultimo nel film ha un ruolo di “guida” nel ripercorrere la vita di Dante. Incaricato di consegnare
dieci fiorini d’oro alla figlia di Dante come ricompensa dell’ingiustizia subita dal padre, rivisita i luoghi
frequentati da Dante durante la sua vita. Quindi il regista utilizza la sua figura come voce narrante .
Boccaccio è un personaggio colto, uomo come tanti altri che dimostra la sua profonda ammirazione per
Dante che si impegna a rispettare il compito preso e nonostante le sue sofferenze dovute alla malattia.
Dante appare come un personaggio introverso, a volte timido, riservato, sempre perso tra i sentimenti ed
emozioni, ma nello stesso tempo coraggioso capace di dichiararsi a Beatrice in modo sempre poetico e
raffinato e pronto a sostenere le sue idee partecipando alle lotte civili tra guelfi e ghibellini.
Rispetto a ciò che ho studiato di Dante, trovo che il regista sia stato abile nel mettere in evidenza tre
aspetti della sua personalità quello razionale, cioè che studia i comportamenti dell’uomo legati al periodo
storico e quello sentimentale per cui Dante fa sempre riferimento all’amore e alle tentazioni e quello
spirituale di uomo che ricerca il cammino per avvicinarsi a Dio. In questo cammino la figura che fa da
tramite tra il poeta e Dio è la figura di Beatrice rappresentata come una giovane donna semplice e
raffinata, ma nello tempo irragiungibile, mi è piaciuto il primo aspetto soprattutto nelle due scene in cui i
due si salutano per la prima volta e quando Beatrice salendo le scale per raggiungere il suo sposo, si ferma
come se fosse attratta dalla voce interiore e i due compongono come se fossero in sintonia i versi del
sonetto “Tanto gentile e tanto onesta pare”.
Quello che non mi è piaciuto della figura di Beatrice è il secondo aspetto dell’ irragiungibilità in quanto
mi aspettavo un legame più fisico tra i due successivamente separato da un matrimonio combinato invece
il loro rapporto è basato su sguardi e sentimenti che non vengono mai dichiarati quindi è un’amore
immaginario.
IL CASTELLO DEI DESTINI INCROCIATI
1) Se hai scelto di leggere IL CASTELLO DEI DESTINI INCROCIATI svogli questa attività:
Cerca di comprendere lo schema narrativo che usa Calvino: come sai i personaggi del romanzo si ritrovano muti nel castello e desiderano narrare le storie delle avventure che li hanno condotti in quel luogo. Usano pertanto i tarocchi per raccontare la storia senza parlare.
Questa tecnica di Calvino si chiama "letteratura combinatoria" ed è in qualche modo legata all'informatica.
Procedi in questo modo: scegli sei tarocchi dal mazzo dei tarocchi di Marsiglia qui rappresentati https://it.wikipedia.org/wiki/Tarocchi_di_Marsiglia, racconta la tua storia (in terza persona)
UNA STORIA DI CORAGGIO, FIDUCIA E DOLORE
Mattia Bertoni
Le mani dei commensali si muovevano con frenetica invadenza nel tentativo di impossessarsi delle carte necessarie per terminare i propri racconti, creando un groviglio silenzioso: l'unico rumore udibile era il fruscio dei pregiati tarocchi che sfregavano il lungo tavolo antico. Una sagoma era però rimasta impassibile a quella confusione, come se insieme alla voce avesse perso anche le sue funzioni motorie. Avvolto da un ampio mantello blu notte, si potevano a malapena intravedere uno spigoloso mento ricoperto di un'incolta barba bianca. Improvvisamente egli batté un pugno sul tavolo che immobilizzò magicamente i commensali, come per richiedere attenzione, e iniziò il suo muto racconto. La mano serrata si aprì lentamente, rivelando uno degli arcani più ambiti: "La Stella". Corpo celeste giovane e luminoso, la carta pareva alludere alla sua origine misteriosa: figlio di una vergine e di uno spirito, fin da bambino diventò famoso per la sua chiaroveggenza e i suoi straordinari poteri di mutare la forma propria e quella altrui.
L'anziano alzò lo sguardo, mostrando occhi color blu ghiaccio, perforati dalla pupilla color pece. La mano destra, ancora nascosta, raggiunse l'altra poggiata sul tavolo, aprendosi anch'essa lentamente e mostrando il tarocco "La Torre", che iniziava ad intravedersi tra le lunghe dita, affusolate come rovi che avvolgono un tesoro prezioso. Il suo nome era Merlino, ultimo superstite della dinastia dei maghi destinato a proteggere il figlio di Uther Pendragon di nome Artù, futuro erede al trono di Camelot e fondatore del regno di Albion. La torre spezzata significava però una minaccia alla sua realizzazione.
Gli occhi dei commensali, tutti concentrati a cogliere il significato di quei tarocchi, non colsero la contrazione dolorosa sul viso del vecchio stregone, causata dallo sforzo emotivo di rivivere la sua storia. Fece un respiro profondo e procedette con il tarocco seguente: "Il Cavaliere di spade", che rappresentava un cavaliere dalla folta capigliatura bionda mentre impugnava una lunga spada, a cavallo di un bianco e fiero destriero. Il giovane Artù spiccava sugli altri per l’eleganza dell’equipaggiamento: la sua armatura era tutta di un colore blu pervinca su cui risaltavano il pettorale e gli schinieri dorati. La battaglia infuriava; il prode cavaliere si buttò proprio nel mezzo. A fil di spada gli eserciti opposti si aprirono la strada uno nell’altro come in una ferita sanguinante.
U na sola domanda era tuttavia comune ai presenti: “Chi era il nemico che minacciava il giovane erede al trono di Camelot?”. Il vecchio si fermò, le mani che si toccavano l'un l'altra solamente con i polpastrelli, come per meglio concentrarsi nella scelta del tarocco successivo. Dopo qualche secondo, lasciando tutti di stucco, ecco calare l’arcano "Il Diavolo". Un’orrenda creatura con ali di pipistrello ed estremità uncinate come artigli. Ai suoi piedi, due esseri insieme umani e animaleschi, al servizio del Maligno o per meglio dire della regina della malvagità: Morgana Pentagron. Giovane donna dagli occhi di smeraldo, Morgana era una potente strega e sorellastra di Artù. Si era allontanata dal regno di Camelot a causa del padre Uther, diventato feroce persecutore della magia. Il suo rancore era cresciuto fino ad esplodere in odio e desiderio di distruzione. In quel momento tutti i commensali capirono: Merlino doveva proteggere Artù da questa oscura minaccia.
L’ansia di conoscere il seguito della narrazione cresceva ma il vecchio mago non si fece prendere dal loro entusiasmo, proseguendo con una ricerca lenta ed accurata del quinto tarocco. Una volta individuato, lo prese e lo portò solennemente vicino al volto stropicciato, mutando la sua espressione in una sorta di sorriso di gratitudine verso quella carta che scoprì sul tavolo. Si trattava dell'"Asse di spade". Per sconfiggere l'esercito dei morti viventi inviato da Morgana verso Camelot non bastavano gli incredibili poteri di Merlino e un esercito reale equipaggiato di tutto punto. L'unica spada in grado di opporsi alla vendetta della strega era Excalibur, brando forgiato con il fuoco del grande drago Kilgharrah ed estratto dalla roccia dal futuro re di Albion. Lo scontro infuriava: profondi boati si udivano nel cielo illuminato a sprazzi da bagliori accecanti. L’affusolato ferro pareva avere vita propria e trascinare il braccio del suo possessore, trafiggendo le solide armature che si arrendevano ai suoi fendenti. Scansando l’ululato dei nemici, Artù perlustrava i confini del campo di morte. Al lume della luna, brillava vittorioso l’azzurro siderale di Excalibur.
Il vecchio narratore si fermò come se stesse decifrando lui stesso nei tarocchi una storia ancora troppo dolorosa per essere rivelata. Le mani tormentavano ostinatamente la canuta barba: Merlino non voleva scoprire l’ultima carta: "La Morte", signora dall’aspetto cadaverico, raffigurata come donna che trascina con andatura lenta ma instancabile la sua falce, la cui lama miete indiscriminatamente, senza ingiustizie o favoritismi che il denaro non potrà mai comprare. Non c’era da illudersi che le cose fossero andate diversamente. Mentre l’esercito nemico era stato sbaragliato da un giovane re ed una potente spada, Morgana sola nel fitto bosco al di fuori delle mura di Camelot, era in ascolto di ogni singolo scricchiolio di foglie, mascherato da violente raffiche di vento che si infrangevano sugli umidi tronchi e sulle scure chiome. Individuato il suo nemico, la strega gli tese un vile agguato, riducendolo in fin di vita. Proprio quando le palpebre di Artù stavano per serrarsi e l’anima abbandonare le ormai fredde membra, Merlino, pronunciando un’incomprensibile frase, lo salvò. Le ferite si richiusero, i lividi scomparirono ed il cuore riprese a battere. Ora Artù poteva fondare il glorioso regno di Albion.
Le città invisibili
Bertoni Nicolò 4d inf
La città di Desideria
La città di Desideria è circondata da alte mura che la separano dal resto del mondo. Tutto è fatto di cristallo. Durante l'alba, il sole si riflette in qualsiasi punto della città, rendendola simile a un grande diamante ambrato. Al tramonto la città si trasforma in un luccicante rubino che risplende di un bagliore intenso e incandescente. Le sue strade sembrano scavate nel quarzo; le case, incatenate tra loro, formano un enorme origami a foggia di stella. Le piazze sono deserte, tutti i piedistalli vedovi. Le statue emigrate verso luoghi dove possono essere ammirate. Desideria è una città dell’assenza.
I suoi abitanti non hanno nome, nessuno li ha mai chiamati e non sanno nominarsi. Passano la vita chiusi nelle loro abitazioni, davanti a sfarzosi specchi che riflettono il desiderio di ognuno al raggiungimento della felicità. Il nome della città, infatti, significa mancanza di stelle, nel senso di avvertire l’assenza di qualcosa che rende completi.
Gli abitanti trascorrono la loro esistenza in una dimensione parallela che li raffigura nel momento della realizzazione dei loro sogni. Questi possono essere ricchezza, potere, bellezza e successo. Tale riflesso è però illusorio, un inganno che porta a consumarsi senza agire.
I desideri crescono fino a diventare un’esigenza incontrollabile da soddisfare. Le persone invecchiano vivendo di una felicità riflessa ed inesistente. Si creano, così, folle di persone incantate davanti allo specchio, alla ricerca di qualcosa di irraggiungibile.
L’unica speranza di questa città sarebbe l’arrivo di uno straniero venuto da lontano che frantumi un primo specchio: così come le tessere del domino cadono spinte l’una dall’altra, si creerebbe una reazione a catena capace di liberare gli abitanti dal loro inconsapevole sortilegio.
Fino ad allora, Desideria, città ingannatrice, è silenziosa: tutto apparentemente si muove, ma in realtà rimane fermo.
“Il vecchio e il mare” dal punto di vista del marlin
di G.P. 4dinf
I raggi del sole di settembre colpivano la superficie del mare senza raggiungere il marlin in cerca di cibo nelle acque profonde e lontane dal porto. Pensava che nessuno di quegli esseri senza branchie e senza pinne si sarebbe spinto così a largo e così in profondità. La sua ricerca di prede stava andando male, aveva trovato solo pochi pesciolini dispersi e qualche carcassa. Affamato, il marlin decise di salire e per sua gioia trovò dopo poco delle prede: erano ammassate l’una sull'altra e, non capendo, decise di avvicinarsi. Pensò che fosse una trappola arichettata da quegli esseri... ma quando fu abbastanza vicino da scorgere la lenza, concluse: “Basta stare in guardia”
Cominciò a tastare, si allontanò un paio di volte e tastò di nuovo.
Sembra tutto apposto, pensò. Non si sono spostati e non hanno reagito.
Era molto affamato e quelle sardine erano fresche, non avrebbe potuto lasciarle lì, 'd'altronde sembra sicuro e gli esseri della superficie non sembrano essersi accorti di me, giusto?'. Iniziò a mangiare e a dirigersi verso il fondo allontanandosi. Uno strappo forte e il dolore in bocca lo misero in guardia: era stato preso.
Era già successo in passato, ma era sempre riuscito a scappare portando a largo il più possibile la barca aspettando la resa dei pescatori per via del tempo atmosferico o della corrente.
Meglio agire con prudenza, mi hanno già ingannato una volta, pensò il marlin nuotando dalla parte opposta della costa.
Arrivò la notte e il marlin trainava ancora la barca.
Potrebbe essere uno solo l’essere in superficie, pensò; fossero stati anche solo in 3 o 4 probabilmente avrebbero provato a tirarmi su.
Era stranito e stupito dalla forza di volontà e dalla resistenza dell'essere in alto, anche con il freddo della notte e la lontananza dal porto non si era mosso e non sembrava intenzionato a muoversi.
“Anche io sono resistente, non mi arrendo, soprattutto se il mio avversario è degno di me”
Passarono 2 giorni e 2 notti e il marlin era stanco: non aveva mangiato e aveva provato a strattonare la lenza e salire un po' senza ricevere colpi o altro.
“Come può essere che uno soltanto di quelli sia riuscito a stancarmi così, immagino che anche lui non sia messo bene”
Quanta tenacia possono possedere quei bipedi per resistere a strattoni e salti, pensò.
Non aveva mai incontrato un umano con così tanto coraggio e fiducia in se stesso da resistergli così tanto tempo e il marlin aveva capito che la sua ora era vicina, era stanco e sapeva che se non fosse stato ucciso da lui, un gruppo di pescecani lo avrebbe assalito. Non sopportava i pescecani: violenti e aggressivi, privi di raziocinio, sbranano e mutilano la preda lasciando la carcassa senza nemmeno la testa.
Aveva trovato alcuni suoi esemplari senza vita affondare dopo essere stati mangiati da quelli.
Preferisco combattere e perdere contro il coraggioso lassù, pensò.
Si diresse verso la superficie e cominciò a girare in tondo, aspettando solo che il figlio della terra decidesse cosa fare.
Questa volta i raggi del sole di settembre erano riusciti a raggiungere il dorso a strisce viola del marlin.
In 3AETA poetando sulla PACE...
Serenità di tutti
Guerra per nessuno
Assenza di lutti
Lo stato un tutt'uno
Non è paura
Non c'è dolore
Non c'è misura
Non è Amore
Mattia T.
La Guerra.
Una città deserta
Segnata dalla guerra
Devastata dal male
Dove i bambini non posso più giocare.
Una città distrutta
Un'altra storia brutta
Ovunque sulle strade morti e feriti,
Tutti li abbiamo visti e sentiti
Quegli sguardi terrorizzati
Di bimbi morti ammazzati,
E quelle grida strazianti
Di mamme che li piangono davanti.
Noi che ci lamentiamo
Se l'euro in borsa va male
E troppo in fretta ci dimentichiamo
Quei bambini che
Per la vita ancora devono lottare
E quelli ancora
Che non hanno perso la speranza
Di vedere un giorno l'amore
Nel segno della pace e della fratellanza.
Riccardo
La Pace è tranquillità,
regna sovrano Silenzio
con sua regina Serenità
il cui dominio sembra quasi fittizio;
selvaggia ma al contempo fine Natura
risveglia, in coloro che l’attraversano, i sensi
così che, nella sua quiete pura,
con confidenza le preoccupazioni spensi.
Pace fa al mondo da lanterna,
mentre noi gente comune girasole;
voltiamo le spalle a ciò che è a lei fraterna.
Essa da millenni alla gente comune duole,
alla sua comparsa Pace si manifesta come unica luce notturna
di un mondo pieno di affamate gole.
Lorenzo
3^ C informatica omaggia Petrarca :
“O cameretta che già fosti un porto”
O mia camera, fonte di riposo
delle membra e della mente
sono di te orgoglioso
custodisci i miei segreti dalla gente
luogo di conforto
ove il il cielo è velato
di sicurezza sei il mio porto
quando il giorno è abbrunato
custode dei pensieri
dietro la porta ambrata
tieni al sicuro i miei desideri
N. Restocchi
Ha sembianze di una sottile linea di confine tra realtà e fantasia,
adornato di smagliature e non senza imbarazzo, resta scolpito sul letto,
meno di un millimetro appena tra conscio e inconscio,
un lenzuolo in pratica.
Attorno il resto del mobilio sembra compiacersi del proprio ruolo,
ordinato ma sveglio, casta sentinella si insinua.
Nel cassetto dell'intimo si è già disquisito e alluso, tra le ante
dell'armadio il proprio dovere è stato svolto,
quei due se ne sono andati indossando abiti in stile, la soddisfazione regna in
camera da letto e non potrebbe essere altrimenti, qui sono tutti complici.
G. Rosella
Mia camera, luogo di pace
e di riflessione che mi compiace
dono a te tutto il mio tempo
come i Greci agli dei dell'Olimpo
Mia camera, luogo tra mura
tu CUSTODISCI il mio disagio
dalla società a Me oscura
cercando di mettermi a mio agio
Mia camera, illuminata
bella o brutta che tu sia
io ti ho sempre amata
e non nasconderei a te nessuna bugia
F. Armanini
Questa è la mia cameretta
Dove la porta è sempre aperta
I pensieri giran di fretta
Ma rimangon sempre in testa
Questa è la mia cameretta
Posto di tranquillità e sicurezza
E molte volte anche di fretta
Soprattutto per far chiarezza
Questa è la mia cameretta
Con i miei fratelli passiam giornate
Ove si odono echi di risate
Che riempion tutta la stanzetta
Nicolò Ruggeri
O stanza che conosci il me vero,
nonostante i vari cambiamenti
rimani lì per me nei miei momenti,
con te so che posso esser sincero.
E’ con te che trascorro il mio tempo,
che mi fai andare sempre avanti,
che ospiti gli amici viandanti,
che sei presente in ogni momento.
Tu che sei immutabile nei giorni,
Tu che mi accompagni nel mio svago,
Tu che ben conosci i miei errori,
Tu che sempre aspetti che io torni,
Tu che eri con me in tempo vago,
come faccio io senza te là fuori?
R.Scimenes
Cameretta piena di fumetti
luogo di sogni schietti,
i miei pensier mi assalgono
e i problemi svaniscono.
Nel mio letto che protezione mi offre
e contentezza mi da,
un luogo di riflessione
e di risveglio.
Ormai decadente
pervaso dai fiumi di lacrime
che lo hanno percorso durante gli anni.
Mia camera che proteggi i miei segreti
dalla pettegola gente
e dalla loro vista indifferente.
Risvegli in me un animo indomito
e curioso per il futuro che verrà.
Mi scuso per le poche decorazioni di cui ti adorni.
Mi piaci così come sei.
Ti ringrazio della tua esistenza.
Arcari
O cameretta mia, reduce di sogni infranti
Reduce di tristi pianti e di mille incubi aspri
O quattro mura chi chiudete la mia stanza,
Par che parlate, o voi che conoscete le mie pare
O letto mio, che di pensieri ne udisti tanti
Di storie vere e il vero labo conoscesti
Tramite nuvole colme di parole e gesti
Infine parlo di te in generale
cameretta cresco non volerne a male
Oltre il tempo resto l'ospite vostro
Forse si cambio di corpo
Ma il cuore e la mente restan in complotto
Si io dovetti esprimervi come una persona
Sicuramente parreste simile a la boria
Dato che in questa stanza, chi mi conosci più di ogni cosa, ho ormai scritto la mia storia
M. La Boria
O cameretta mia che sicura si stata
O mio dolce tesoro passato
O solo a te do tutto l’oro che ho
Anche se solo son
Per te son ancora vivo
Per te son l’inferno in terra
Per te son sempre quello
Anche se tutti me deridono
Adesso che son grande
Io non ci son più pe te
e questo te rende infelice
Ma stai tranquilla Prima o poi ritornerò
Perchè per tutti sei
e rimarrai la seconda casa del cuore
G. Peluso
5blsa 2021-22
Attività dopo la lettura de "La coscienza di Zeno"
Racconta il capitolo LA MORTE DI MIO PADRE dal punto di vista del padre di Zeno
In comune con mio figlio avevo solamente il sorriso di compiacimento che ci distingue dagli altri, e le scarse capacità in materia di commercio, in quanto i miei affari, nonostante mi regalassero la fama di abile commerciante, erano diretti tutti dall’Olivi. Criticavo a mio figlio due cose: la distrazione e la tendenza a ridere delle cose più serie. Per quanto riguarda la prima cercai di imporgli una delle mie abitudini, ovvero di segnare le cose che doveva ricordarsi su un taccuino, e di rivederle più volte al giorno, ma non lo fece. Mentre per il secondo dei suoi problemi non tentò nemmeno di cambiare, basti pensare che una volta, in seguito ad una mia esclamazione contro di lui, in cui lo definivo un pazzo, andò dal medico e lo ingannò, riuscendo ad ottenere una certificazione che constatasse quanto gli avevo detto. In quel periodo non cessavo di pensare alla morte, e, di fronte a questi pensieri, dovetti scrivere il testamento, con il quale, preoccupato dal futuro di mio figlio, decisi di porlo sotto la tutela dell’Olivi. Non fidandomi pienamente di mio figlio lo costrinsi a promettere che non avrebbe mai tentato di sminuire la facoltà dell’Olivi. Quella sera decisi di aspettare mio figlio per cena. Non avevo un gran appetito, ma sentivo la necessità di stare con mio figlio e di parlare con lui. Mi disse che era tornato a casa per quell’ora perché aveva discusso delle origini del Cristianesimo con un suo amico. Gli chiesi se anche lui stava iniziando a provare interesse nella religione, come stavo facendo io, ma rispose che in quanto studioso la trattava solo come uno dei tanti fenomeni da analizzare. Nonostante la leggera seccatura causata da questa risposta cercai di dirgli che giunto alla mia età sentivo la grandezza e l’importanza della mia esperienza, ma non ero in grado di tramandargliela come avrei voluto fare. In particolare, sentivo la necessità di raccontargli qualcosa, ma non riuscivo a formulare un discorso chiaro e lineare. Lui iniziò a dubitare del mio stato di salute, mi chiese varie volte se stessi bene, ma risposi sempre che mi sentivo solamente stanco, tanto che decisi di andare a letto per riposarmi, sperando di trovare le parole giuste da utilizzare il giorno seguente. Quella notte mi sentii male, iniziai a gemere dal dolore, persi l’udito, poi divenni completamente insensibile. Maria e Zeno, disperati, chiamarono il dottor Coprosich, il quale, un anno indietro, mi prescrisse dei farmaci che decisi di non prendere, a causa delle mie opinioni negative sui medici e sulla medicina in generale. Il dottore mi applicò le mignatte, dicendo a Zeno che avrei recuperato parzialmente la coscienza, ma senza aver possibilità di guarigione. Fu così, recuperai un briciolo di coscienza, non abbastanza per comprendere la mia situazione, e alternai momenti di ripresa a momenti di delirio. Nonostante le continue raccomandazioni del medico, che consigliava di farmi stare coricato per aiutare la circolazione, passai gran parte del tempo a spostarmi dal letto al sofà. Un giorno Zeno, ascoltando il dottore, tentò di impedirmi di alzarmi, ma io urlai:”Muoio!”. Lui, spaventato, mi lasciò, io, invece, mi alzai, e feci cadere la mano sulla sua guancia, come se volessi tirargli uno schiaffo. Poi caddi per terra, e mi decretarono morto.
Andrea Portesani, 5blsa
Racconta "la storia del mio matrimonio" dal punto di vista di Augusta
Era un pomeriggio fosco e freddo d’autunno ed eravamo da poco tempo ricasati da un prolungato soggiorno in campagna quando dovetti distogliere l’attenzione dalla mia lettura per porgere i saluti ad un uomo da poco entrato nel salotto.
Avevo bene a mente chi fosse, Zeno Cosini, nostro padre ci aveva avvisate di una sua probabile visita.
Seduta sul divano con la piccola Anna sulle gambe ascoltai l’ospite che, dopo un momento di iniziali formalità, ci stava intrattenendo con storie alquanto bizzarre.
Il giovane uomo prese a farci visita tutti i giorni intrattenendosi in particolar modo con la sottoscritta.
Passavamo il tempo suonando, l’uno con il violino e l’altra al pianoforte, accompagnandoci a vicenda. Apprezzavo il suo impegno nel suonare, nonostante sapesse di non essere molto abile, tanto da proporgli di approfondire le nostre suonate, a cui dovette sfortunatamente rinunciare data la noia espressa dal volto di mia sorella.
Devo ammettere di aver pensato di non aver mai conosciuto un uomo tanto altruista, così cortese da porre fine a un proprio divertimento per garantirne uno altrui.
Ogni sua visita era accompagnata da un mazzo di fiori per ognuna di noi e dalle continue storie autobiografiche, che di reale parevano avere ben poco, ma che riuscivano sempre ad intrattenermi e a volte addirittura anche a commuovermi.
Capitò che per tre volte al suo arrivo mia sorella Ada non fosse in casa, dovemmo inventare una scusa e rimasi piacevolmente sorpresa quando decise di prolungare la sua visita più del solito.
Nostra madre continuava a farmi notare una preferenza del signor Zeno nei miei confronti e, nonostante continuassi a negare, essendo pienamente cosciente della bellezza delle altre mie sorelle, che avrebbero sicuramente avuto più successo di me agli occhi di un giovine, dopo quel giorno un barlume di speranza si fece presente e dovetti ammettere di essere stata io stessa sin da subito colpita da quell’uomo dalla lusinga sempre pronta.
Passarono alcuni giorni senza alcuna notizia del signor Zeno, fino a quando non si unì a noi una sera.
Era venuto a farci visita un eccellente violinista, Guido, che come intrattenimento serale aveva proposto l’invocazione di alcuni spiriti.
Il rito era già iniziato ed eravamo tutti posti al buio della stanza; rimasi per questo piacevolmente sorpresa quando sentii qualcuno parlare rivolgendosi alla sottoscritta e ancor di più quando realizzai che questo qualcuno fosse Zeno.
Devo con rammarico ammettere che la contentezza di rivederlo dopo alcuni giorni di assenza venne presto sostituita da un forte imbarazzo non appena sentii cosa il signore avesse da dire.
Mi era stata da lui avanzata una dichiarazione d’amore indirizzata però alla persona sbagliata, ovvero a mia sorella Ada.
Non potei ovviamente far altro se non stargli vicina promettendogli di mantenere il segreto e cercano di dissuaderlo dall’idea di confessare nuovamente il suo amore, questa volta alla persona corretta.
Ma furono sforzi inutili.
Lucia Cosenza 5blsa
Poetando in 1BLSA...
LA LIBERTA’
La libertà è un diritto che tutti noi possediamo,
anche se a volte ce lo scordiamo.
Quante volte sentiamo insultare qualcuno solo perché è diverso,
attaccandogli etichette che non hanno alcun senso.
Queste sono discriminazioni che non possiamo più accettare,
a quell’Italia un po’ bigotta che pratica la censura,
dobbiamo dimostrare di non aver paura
di difendere i diritti di chi non ha fatto niente,
che senza ragione viene insultato duramente.
Qui si parla di libertà non si parla di opinioni,
quindi basta ostacolare scelte senza ragioni.
Perdiamo così tanto tempo a giudicare gli altri
che ci dimentichiamo come siamo dentro.
Tante persone sono rinchiuse in casa
per paura di essere discriminate,
ma aspettano solo di essere accettate.
Non rifiutiamo le persone sui gommoni
per colpa della nostra paura
di rimanere senza lavoro,
urlandogli contro
devono tornare a casa loro.
Io non sono nero,
Io non sono bianco,
Io non sto a guardare,
Io non sono stanco di lottare.
Non provengo da nazione alcuna
ma appartengo all’universo,
quindi è inutile dirmi che sono diverso.
Se rispetto le tue scelte non capisco poi il perché,
vuoi cercare di cambiare quello che è giusto per me.
Io sono libero di essere ciò che desidero,
nel mondo ho trovato il mio senso
e ora posso illuminarmi d’immenso.
AGATA
SE FOSSI...
Se fossi una pianta darei la vita.
Se fossi il fuoco brucerei la legna
per tenere calde le persone a cui voglio bene.
Se fossi il vento soffierei piano
per far cadere poco alla volta le foglie in autunno
e soffierei forte per dare vita al mio fuoco.
Se fossi il mare sarei tranquillo,
come quando sono seria,
e agitato,
come quando mi metto a ridere.
Se fossi la luna illuminerei la notte
e mi rispecchierei nel mare.
Se fossi una farfalla sarei piccola
ma immensamente bella
e volerei sopra al mondo durante il giorno.
Se fossi un gufo volerei quando è notte per nascondere i miei difetti.
Se fossi un angelo aiuterei le persone in difficoltà
e le proteggerei.
Se fossi una gomma cancellerei
gli errori fatti in passato.
Se fossi una matita racconterai le mie avventure.
E infine se fossi me stessa rimarrei così come sono.
MARTA
CIELO
Un’infinita distesa di nulla,
silenzio oltre immaginazione;
trascinati da un’enorme culla,
un’infinita vasta illusione.
Assoluto miraggio senza fini,
nessun limite e niente confini;
celeste, intenso e spensierato,
è intangibile e smisurato.
Alba chiara, una soffice panna;
toni unici, pensiero inganna.
Tramonto penetrante, raggi fiaschi;
luce dorata con dardi fuggiaschi.
Nel silenzio l’oscurità prevale.
Solo stelle, bagliori di speranza
brillano da un'immensa distanza,
sparse nella notte più abissale.
Un enorme oceano limpido,
un calmo specchio privo di sponde;
non rivela, riflesso non esiste,
solo parse soffici nubi miste.
Mentre navighi in tranquillità;
quiete totale avvolge l’anima.
Si raggiunge totale serenità
e noi ci ritroviamo in cima.
EVA
LIBERTA’
Libertà è respirare
a pieni polmoni.
Libertà è stringere le mani
dei miei cari.
Libertà è vedere il sorriso
dei miei amici,
perché,
a volte,
gli occhi non bastano.
Libertà è essere abbracciati
e abbracciare.
Libertà è svegliarmi
una mattina
e scoprire che..
è stato tutto un brutto sogno.
MATTEO
IL CIELO.
Il Sole è come una torcia,
si spegne.
Le stelle, come lucciole,
nel buio della notte,
illuminano la Terra insieme alla Luna.
Il Sole è come una torcia,
si accende.
Il cielo azzurro,
le rondini mai ferme,
nella luce del giorno,
danno vita all’immobile cielo.
ANDREA
Libertà
Come le foglie in autunno,
leggere e deboli,
trascinate via dal vento,
trasportate in spazi infiniti.
Libertà.
Come l’acqua,
che scorre in fiumi e torrenti,
che va lontano,
che si allontana dalla sua partenza per seguire il suo corso.
Libertà.
Come le nuvole,
disperse nel cielo,
che ci osservano dall’alto,
per mostrarci il loro cammino.
Libertà.
Come una nave nell’oceano,
senza ancora, lontana dal porto,
senza una meta ,
che naviga per capire dove andare.
Libertà.
Come un uomo,
scappato da chi lo trattava come uno schiavo,
finalmente libero,
finalmente capace di fare della sua vita ciò che vuole.
Libertà.
GIULIA
IL CIELO
Se il cielo fosse inchiostro
le parole sarebbero infinite.
Se le nuvole fossero persone vagherebbero,
vagherebbero senza una meta precisa.
Se le stelle fossero persone
sarebbero un bambino che ha bisogno di luce
per sentirsi al sicuro.
MRS X
CORRERE
Una ventata d'aria sul viso,
una freschezza assoluta,
le gambe si muovono veloci
come quelle dei predatori a caccia,
uno scatto improvviso
e subito una frenata.
Quando ti fermi
le gambe indolenzite
e il respiro pesante.
DIEGO
COLORI
Il lunedì è il giorno del giallo
perché lo inizio con un ballo;
il martedì è il giorno dell'azzurro
al mio amico dico una cosa, la sussurro;
il mercoledì è il giorno del rosso
perché ho dei vestiti eleganti addosso;
il giovedì è il giorno del verde
perché cammino in un bosco di sempreverde;
il venerdì è il giorno del viola
perché finisce la scuola;
il sabato è il colore celeste
perché si fanno le feste
e la domenica è il giorno del rosa
perché finisce una settimana meravigliosa!
TOMMASO
CORRERE
Sfrecciare spensierati nell’ignoto;
niente fatica, avanzi nel vuoto.
Con gli occhi chiusi vai spensierato
dove non è mai stato esplorato.
Fuggire di minacce incombenti,
non possibile essere perdenti;
l’affanno è pesante, manca l’aria,
ma l’unica meta è la vittoria.
Seguendo un sentiero o vagare,
senza una meta, un fine o scopo.
Liberi possiamo fantasticare
ed alla meta ci si pensa dopo.
EVA
LIBERTÀ
Un bel giorno
ho capito di essere libero.
Ero felice, appagato, leggero.
La paura era sparita,
dal finestrino dell’auto
sentivi l’aria tra le dita.
Il profumo del mare
mi faceva sognare...
E nuovamente torno
con la mente a
pensare che
ero un uomo libero
perché avevo fatto
tutto ciò che potevo fare!
SIMONE
PACE.
Una nuvola, leggera
quasi trasparente
l'eternità per provare a toccarla,
un istante per perderla per sempre.
Un colibrì, piccolo
estremamente veloce
tanta difficoltà per un solo sguardo,
altrettanta facilità per non più vederlo.
Quando non per catturare
ma per sognare
cercheremo la pace
solo allora, raggiunta,
non sarà più fugace.
ESTER
PACE.
Non c’è due senza tre
non c’è pace senza libertà.
KHADIDJA
PACE.
Cercando la pace:
dal nulla,
un suono assordante che spezza l'aria.
Urla,
si sentono,
di bambini.
Bambini in un rifugio,
al sicuro,
mentre l'allarme rompe la quiete.
Il cielo è rosa e si tinge man mano,
blu come la notte.
Arrivano le stelle e la città tace,
tace di un silenzio innaturale.
Si leva un canto,
canto di speranza,
canto che sovrasta,
sovrasta la distruzione,
il suono degli allarmi
e di bombe che cadono.
È la speranza delle persone,
la speranza di una bandiera bianca,
speranza di pace.
GINEVRA
PACE.
La calma dopo brusca tempesta;
un messaggio di speranza.
Un sollievo, i popoli fan festa;
Unione di nazioni, un'alleanza.
Un bagliore nel nero abisso,
dovrebbe sempre esser un prefisso.
Rappresenta unione, armonia;
perchè in fine benessere invia.
Sempre cercata, sfuggente, fugace;
il male scompare e tutto tace.
Ostica risulta da ottenere,
che può anche durare delle ere.
Per paesi non è ancora realtà,
altri intaccano quella d’altri;
ci dona quiete, combatte viltà,
e trasforma i più oscuri antri.
EVA
IL VIAGGIO.
Viaggiare è perdersi in luoghi lontani,
spostandosi da un capo all’altro del mondo
con un battito di mani.
Sempre in cerca di stimoli, cose nuove
e di persone a cui aprire il nostro cuore.
Con una valigia piena di sogni e desideri,
liberiamo la mente dai nostri più grandi pensieri.
Come una farfalla vola libera e felice,
anche noi viaggeremo verso la pace.
CHIARA